Cronaca Live
Un altro laboratorio di schiavitù, trovato dalla Guardia di Finanza, da noi nel canavese.
150 euro al mese per dormire accanto alle macchine da cucire, giusto per non sprecare tempo. E non c’erano solo stranieri. Dove ci sta portando la “crisi”?
Sono periodi difficili per tutti.
Periodi in cui accettiamo anche l’inaccettabile, pur di “tirare a campare”.
E come in ogni momento triste del genere, c’è chi se ne approfitta brutalmente. E’ proprio qui nel canavese che la Guardia di Finanza ha scoperto un grosso laboratorio in cui si producevano e confezionavano materiali tessili per importanti marchi automobilistici internazionali.
Italiani e stranieri
Trenta persone e no, non solo stranieri. C’erano anche degli italiani, in quel bunker con finestre chiuse, bagni inagibili, ma un sistema di videosorveglianza particolarmente avanzato. Sia mai che battessero la fiacca. Letti posizionati lungo le pareti, vicino alle macchine da cucire, perché non si perdesse tempo ed escrementi abbandonati in sacchetti chiusi in giro, perché era meglio così che nei bagni dove non si tirava l’acqua.
Stipendio da 150 euro al mese
Lo stipendio? 150 euro al mese, in nero naturalmente.
L’orrore peggiore è che all’interno sono stati trovati anche passeggini, ma non i bambini, probabilmente a scuola nel momento dell’incursione.
A questo ci siamo ridotti, nel 2019. Alla schiavitù, di nuovo, dopo anni di lotte sociali, di sangue versato e di politiche sempre più ignoranti, egocentriche e dimentiche del popolo su cui si basano e per cui anche solo esistono. Così, ogni giorno, per mangiare, arrivi ad accettare sempre meno pur di avere qualcosa nello stomaco.
Cinesi sposati con italiani
E così due cinesi, sposate con imprenditori italianissimi, possono chiuderti in un bunker, con la famiglia, a 150 euro al mese, finestre chiuse e bagni che non funzionano e farti lavorare quindici ore al giorno.
Possono. E queste sono le più grandi sconfitte umane, politiche e sociali davanti cui possiamo solo impallidire. Queste sono situazioni limite, siamo d’accordo, ma quanto servirà ancora, continuando a scivolare sempre più in fondo, per renderle situazioni frequenti? Il lavoro oggi è un problema.
E’ un problema anche per chi ne accetta sempre di più, perché non ha scelta e poi si ammazza perché non riesce a reggere.
Suicidi da lavoro
Karoshi: in giapponese esiste una parola precisa per definire i suicidi per lavoro, che non dovrebbero esistere in una società civile. Piccole aziende che in crisi diventano sempre più piccole e pretendono che chi rimane faccia il lavoro che prima facevano in quattro. Perché è il personale il primo su cui si tagliano le spese. Anche le grandi aziende non ne sono immuni.
E’ davvero a questo, che la nostra società si è ridotta, dopo morti e sangue versato, nella speranza che non tornassimo a morire trentenni, coi polmoni marci dalla polvere delle quindici ore al giorno in miniera?
E’ davvero a questo che ha portato la lotta e la rabbia dei nostri nonni e bisnonni?
O forse semplicemente ce la siamo dimenticata, quella rabbia e quell’angoscia disperata di far sentire la propria voce, in questo mondo che ci illude col consumismo e pubblicità sfavillanti?
E voi cosa accettate, quotidianamente, sul lavoro, che vi venga fatto, anche se non si potrebbe, anche se non dovrebbero, ma uno se il posto ce l’ha se lo deve tenere il più possibile?
A quali compromessi scendete, tutti i giorni, sempre un po’ di più?
Potreste onestamente dire che non trovando niente, non andreste a vivere in un buco pur di avere altri 150 euro da spendere, anche solo per un periodo?
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