Aziende
Sei locali su 10 incassano il 50% in meno: colpa dello smart working
Diminuisce l’inquinamento e diminuiscono le spese per chi deve recarsi al lavoro. Ma anche gli incassi dei locali stanno crollando vertiginosamente: «riapriamo gli uffici, o sarà il disastro anche per i posti di lavoro»
A molti l’idea dello smart working non dispiace affatto: niente più code la mattina e il pomeriggio durante gli spostamenti casa lavoro, meno soldi spesi in benzina e organizzazione migliore della vita familiare. Se a tutto ciò si aggiunge che anche i tassi di inquinamento sono in calo, questo metodo di lavoro sembra essere stata un’ottima scelta sotto molti punti di vista. Non tutti, però, ne sono felici. E’ il caso dei locali che, dopo la chiusura degli uffici, hanno assistito a un notevole calo del fatturato.
Bar e ristoranti in profonda sofferenza
«Da oggi quella che finora era una impressione – sia pure ben fondata sulle tante segnalazioni ricevute – è avvalorata da dati precisi: bar e ristoranti del centro cittadino sono in profonda sofferenza a causa della forte diminuzione della clientela dovuta allo smart working». Così, Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti, commenta i risultati di un sondaggio condotto ieri e lunedì dall’associazione presso un campione di locali del centro cittadino (si veda la tabella completa in basso).
Dimezzamento degli incassi
Quasi il 60% degli intervistati lamenta il dimezzamento (e oltre) degli incassi, ma anche per quelli un po’ meno in difficoltà la diminuzione è fra il 10% e il 30% (10,5%) e fra il 30% e il 50% (31,6%). Una parte, per ora fortunatamente minoritaria (5,2%), teme di dover chiudere. Tutti auspicano che le cose si risolvano velocemente; e per “velocemente” si intende entro l’estate (per l’84,2%), o poco più: anche la prospettiva dei più “resistenti” (il 15,8%), infatti, riguarda i prossimi 4 o 5 mesi. Pesanti, infine, le conseguenze occupazionali: l’89,4% degli operatori teme di dover ridurre il numero dei dipendenti, soprattutto se non ci sarà una proroga della cassa integrazione in deroga, che finora ha consentito di mitigare le conseguenze negative del calo di fatturato.
E’ giusto lasciare a casa i propri dipendenti?
«Si tratta – dice Banchieri – di un aspetto particolarmente delicato: stiamo parlando di piccole aziende nelle quali il rapporto con i dipendenti è diretto e di lunga consuetudine. Per molti colleghi sarebbe un trauma dover lasciare a casa i propri collaboratori e quindi cercano di resistere, facendo leva anche su risorse personali. Ma così le cose non possono durare a lungo. Non siamo, appunto, grandi aziende che hanno ben altra autonomia dal punto di vista finanziario. Per noi è fondamentale il flusso costante della liquidità. Il rilancio di Torino non può che passare anche attraverso il rilancio della propria rete commerciale; non possiamo permetterci il suo depauperamento e la morte di tante aziende. Questo rischio riguarda non solo i pubblici esercizi: loro sono senza dubbio i più coinvolti, ma anche il resto del commercio viene colpito da questa situazione».
Serve una soluzione urgente
«Dunque – continua Banchieri – occorre fare presto: abbiamo scritto al presidente della Regione, Alberto Cirio, e alla sindaca Appendino, chiedendo loro un incontro urgente. In questi mesi lo smart working ha rappresentato la sola soluzione e ha garantito – grazie all’impegno di tutti i lavoratori – il funzionamento di servizi essenziali per la collettività. E sono anche convinto che andranno ripensati i tempi della città e l’organizzazione del lavoro. Tuttavia, non è un risultato che si possa ottenere nell’immediato, in modo non programmato e a danno di una sola categoria. Ora – nel rispetto delle normative di sicurezza – è necessario stabilire un piano di rientro: graduale per ovvie ragioni organizzative, ma in una prospettiva che non può che essere di brevissimo periodo. Come ho già avuto modo di dire, fra le misure di sostegno alle imprese, questa sarebbe a costo zero. E sono sicuro che qualsiasi imprenditore preferirebbe il ritorno dei propri clienti, e quindi vivere del proprio lavoro, all’ottenimento di una qualsiasi provvidenza pubblica».
I dati ottenuti dal sondaggio
1. La forte diminuzione della clientela dovuta allo smart working in che misura ha ridotto i suoi incassi?
– Dal 10% al 30%: 10,5%
– Dal 30% al 50%: 31,6%
– Oltre il 50%: 57,9%
2. Se questa situazione si prolungasse, pensa che la costringerà a ridurre il personale?
– Sì: 89,4%
– No: 10,6%
3. Quanto tempo pensa di poter reggere in questa situazione?
– Non oltre l’estate: 84,2%
– Non oltre i prossimi 4/5 mesi: 15,8%
4. Sta valutando / teme il rischio di una chiusura definitiva della sua attività?
– Sì: 5,2%
– Non nell’immediato, ma è necessario che la situazione si stabilizzi a breve: 42,1%
– No: 52,7%