Cronaca Live
La madre di Stefano Leo: «Said doveva essere in cella». Ratti: «la giustizia è ingiusta»
Stefano Leo sarebbe stato ancora vivo se Said Mechaquat fosse stato in carcere – come previsto – già da alcuni mesi. La mamma chiede giustizia ma si dichiara fiduciosa nei confronti dei magistrati
TORINO – «E’ un fatto grave che chi ha confessato il delitto avrebbe dovuto entrare in carcere già mesi fa». Mariagrazia Chiri, madre di Stefano Leo, interviene così sulla mancata carcerazione di Said Mechaquat, il 27enne che si è costituito alle forze dell’ordine confessando l’omicidio del figlio. «In ogni caso, anche se quanto sinora emerso dovesse risultare confermato, non può essere in alcun modo utilizzato strumentalmente per ridurre le gravissime responsabilità di chi ha colpito un ragazzo pacifico e indifeso».
Una grave ferita per la nostra comunità
«E’ stato molto importante che si sia fatta luce sull’identità del responsabile di questo atroce gesto», aggiunge la donna. «Quanto accaduto a Stefano – aggiunge in una nota – è una grave ferita per la nostra comunità: è stata una grande sconfitta per tutti, ora ci vuole una grande vittoria di tutti». La donna ribadisce «la massima fiducia nel lavoro dei magistrati e dei carabinieri e sono sicura che porteranno a termine l’indagine nel migliore dei modi».
L’Italia è il paese delle emergenze strutturali
«L’Italia è il paese delle emergenze che diventano strutturali e da fatti episodici si trasformano in situazioni permanenti». Lo dichiara Claudia Ratti segretario generale di Confintesa F.P . «La carenza di personale che frena la già lentissima macchina giudiziaria – continua Ratti – è diventata un’emergenza nazionale, è intollerabile la superficialità con cui, fino ad oggi, si è affrontato un problema noto. Il problema della carenza di organici riguarda sia i tribunali che le Procure. Non si può però circoscrivere il problema della carenza di organico nell’Amministrazione della Giustizia solo ad episodi che trovano spazio sulla cronaca dei giornali, come è avvenuto in questi giorni a Torino, ma è necessario prendere atto che ormai tutti i settori giudiziari soffrono per la mancanza di un numero operatori idonei a soddisfare le esigenze di una sana e giusta Giustizia. Il Ministro Bonafede – conclude Claudia Ratti – prenda atto della grave situazione e si adoperi per dare una risposta forte funzionalmente orientata ad una ristrutturazione globale dell’organizzazione degli uffici che miri ad una rivalutazione delle competenze professionali del personale amministrativo e ad un ampliamento della pianta organica e non, come troppo spesso accade, di un’attività “tappabuchi” mirata alle emergenze dove, purtroppo, in alcuni casi ci scappa anche il morto».