Cronaca Live
Omicidio Stefano Leo: «il sistema giudiziario è in degrado». Confsal: «gravi parole alla Corte d’appello»
Ancora polemiche legate al caso Stefano Leo. Said Mechaquat, il giovane marocchino che ha ucciso il giovane, il giorno dell’omicidio avrebbe dovuto trovarsi in carcere. Era già stato condannato in via definitiva per maltrattamenti alla compagna. Perché, invece, si trovava in libertà?
TORINO – «La tragica vicenda di Torino ha visto una persona perdere la vita per mano di un assassino che doveva essere assicurato alla Giustizia. Un efferato delitto che si sarebbe potuto evitare se gli Uffici Giudiziari avessero avuto personale a sufficienza per garantire l’esecuzione delle sentenze, chiarisce in modo drammatico in quale stato di degrado è stato ridotto il servizio alla Giustizia». È quanto affermano Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Pa, nel ribadire «il mantenimento dello stato di agitazione: la Giustizia è già una emergenza nazionale».
Un segnale di resa
Da questo punto di vista, proseguono, «le dichiarazioni del Presidente della Corte d`Appello appaiono purtroppo un segnale di resa. I temi della nostra vertenza nazionale, avviata con lo stato di agitazione, sono esattamente incentrati sulle gravissime preoccupazioni espresse dal Presidente Barelli e le pur importanti misure annunciate dal Ministro Bonafede rischiano di essere vanificate dall’alto esodo dei lavoratori che tendenzialmente assommerà, alle attuali 9600 carenze un numero pari entro il 2021».
La situazione peggiorerà?
In rapporto alla grave situazione di Torino, continuano Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Pa, «ciò significa che le assunzioni, con i tempi necessari e previsti dalle norme, alla fine riporteranno nel migliore dei casi la situazione attuale e nel frattempo la situazione peggiorerà per effetto delle uscite immediate. Noi abbiamo chiesto al Ministro maggiore coraggio e riteniamo che ci possano essere tutti gli strumenti per poter agire nell’immediato, prima che sia troppo tardi».
Occorre uno sforzo aggiuntivo
Strumenti «che derivano dall’accordo del 26 aprile 2017, che può ridisegnare la geografia organizzativa tramite la rimodulazione dei fabbisogni professionali dell’organico e la riqualificazione professionale di tutti i lavoratori. E che può rinforzare nei numeri i processi assunzionali immediati. Strumenti già finanziati e subito applicabili che possono accompagnare le assunzioni dall’esterno di personale idoneo e formato che può da subito contribuire ad evitare il disastro. Non bastano 7000 assunzioni, occorre uno sforzo aggiuntivo, occorre un piano straordinario di riqualificazione del lavoro e di assunzioni».
Bisogna incrementare le risorse
«Accanto a questo occorre incrementare le risorse per incentivare e qualificare gli standard di produttività, già altissimi quanto misconosciuti. Per questi motivi noi manteniamo lo stato di agitazione: la Giustizia è già una emergenza nazionale, non vogliamo che rappresenti la sconfitta delle istituzioni», concludono Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Pa.
Gravi affermazioni
«Le affermazioni formulate nelle scorse ore dal presidente della Corte d’Appello di Torino sono particolarmente gravi. Non si può mettere sulla graticola il personale degli uffici giudiziari, condannandone a priori l’operato. Sulle responsabilità va fatta chiarezza, ma devo sottolineare come la cancelleria si limiti a rispettare ed eseguire le priorità stabilite dall’alto. E di fronte allo scaricabarile, non possiamo tacere». Così afferma in una nota Massimo Battaglia, segretario generale di Confsal UNSA, prima sigla sindacale del dipartimento della Giustizia, interviene in risposta alle polemiche legate al caso dell’omicidio di Stefano Leo da parte di Said Mechaquat, il giovane marocchino che il giorno dei fatti avrebbe dovuto trovarsi in carcere perché condannato definitivamente per maltrattamenti nei confronti della compagna.
Quale colpa?
Battaglia contesta le affermazioni del presidente della Corte d’Appello di Torino, secondo il quale il cancelliere del tribunale avrebbe la colpa di «non essersi accorto che Said era stato condannato a un anno e sei mesi senza condizionale e di non aver trasmesso immediatamente l’estratto alla procura» ai fini dell’esecuzione della sentenza.
Il personale, però, manca davvero
«Su una cosa siamo tutti d’accordo – prosegue il segretario generale di Confsal UNSA – nei palazzi di giustizia manca il personale e l’ho ribadito anche al ministro Alfonso Bonafede nei giorni scorsi, ricordandogli come nel dipartimento della giustizia non si facessero assunzioni da oltre 20 anni. Per il resto, tornando al caso di specie, ho l’obbligo di respingere ogni accusa: il personale giudiziario non decide proprio nulla e, per questa ragione, nelle scorse ore ho scritto al capo del dipartimento della Giustizia chiedendogli di fare chiarezza, se necessario anche attraverso l’intervento del CSM. Le responsabilità vanno chiarite ma il personale giudiziario deve lavorare in maniera equa, umana e con una retribuzione adeguata. Quello di Torino è soltanto il caso limite: ricordo che a fronte della cronica mancanza di risorse umane ed economiche, in Italia ci sono 5 milioni di processi pendenti, di natura penale e civile. Occorre che la politica affronti il problema in modo risolutivo. Altrimenti gli scaricabarile saranno all’ordine del giorno».