Curiosità
La città nascosta dentro la città: il ghetto ebraico a Torino, lo hai mai visto?
Anche a Torino ci sono i resti dei ghetti ebraici: una città dentro la città. Ricordiamo o scopriamo uno dei luoghi in cui gli ebrei erano costretti a vivere, per poter vivere
I ghetti ebraici erano luoghi in cui gli ebrei erano costretti a vivere per poter sopravvivere alla follia nazista. Sparsi in tutta Italia, anche Torino ha avuto il suo ghetto. Un pezzo di storia che per alcuni versi non si vorrebbe ricordare ma che è bene non dimenticare affinché l’umanità non commetta gli stessi errori.
Il Ghetto Ebraico di Torino
Quello di Torino è il Ghetto che fu edificato per primo in Piemonte, a seguito della sua introduzione nel 1679 da parte della reggente Maria Giovanna Battista di Nemours. All’inizio si trovava presso l’area dell’ex Ospedale di Carità – dove oggi c’è via Maria Vittoria. Gli ebrei a Torino erano in tanti, e così il numero dei suoi abitanti aumentò di molto negli anni, tanto che si dovette costruirne una parte aggiuntiva, che fu battezzata “Ghetto Nuovo”. Questa nuova parte, insieme a quella originaria, occuparono tutta l’area compresa tra le vie Maria Vittoria, Bogino, Principe Amedeo e San Francesco da Paola.
Casa degli ebrei per molti anni
Il Ghetto di Torino rimase tale sino al 1848, con una sola pausa durante il periodo napoleonico. A legittimarlo fu lo Statuto Albertino, ossia la Costituzione adottata dal Regno di Sardegna che tra i vari diritti riconobbe anche quello religioso.
La sua conformazione
Il Ghetto Ebraico di Torino era formato da cinque cortili: Cortile Grande, dei Preti, della Vite, della Taverna e della Terrazza. Gli ultimi Cortili erano collegati tra di essi mediante corridoi coperti detti “Portici Oscuri”. Il Ghetto Ebraico di Torino spicca tra gli altri edifici per una evidente differenza architettonica. Tra le varie differenze, che si possono osservare anche a occhio nudo, vi è la presenza di diversi piani in più, rispetto alle case limitrofe – sebbene l’altezza sia la stessa. Per esempio, gli edifici del Ghetto erano dotati di più piani: in genere, quattro più uno ammezzato. Il motivo è semplice, cercare di recuperare più spazio per poter far alloggiare la crescente popolazione che si ritrovava suo malgrado costretta a vivere in quel perimetro.
Dove si vede
Resti e segni ancora oggi visibili del vecchio Ghetto Ebraico si possono vedere, per esempio, in piazza Carlo Emanuele II (conosciuta a Torino anche con il nome di “Piazza Carlina”), nell’edificio all’angolo con via Luigi Des Ambrois. Ma soprattutto, come detto, in via Maria Vittoria.
Le Sinagoghe
La popolazione ebraica a Torino all’epoca era costituita per circa la metà da italiani e da spagnoli. Per questo motivo, vennero erette due Sinagoghe. In particolare, la Sinagoga spagnola si trovava nel Cortile della Vite, mentre nel Cortile Grande c’era la Sinagoga italiana.
La città dentro la città
Come per tutti gli altri ghetti, le principali attività lavorative e di comunità si svolgevano tutte all’interno. In questo modo l’uscita era il più limitata possibile: si trattava dunque di una vera e propria città all’interno della città. Ai piani terra delle abitazioni si trovavano le botteghe di piccoli commercianti e artigiani e l’economia era dunque “circolare” all’interno del ghetto. Gli ingressi degli edifici erano contraddistinti da cancellate, e non da portoni come per gli altri palazzi. I cancelli venivano chiusi al tramonto ed erano oggetto di sorveglianza da parte delle autorità.
Il nuovo ghetto
Con l’avvento del nazismo e del fascismo, e nel 1938 con l’intensificarsi delle persecuzioni nei confronti degli ebrei, la comunità ebraica torinese dovette spostarsi nel nuovo Ghetto nuovo nel quartiere San Salvario. Lì, nei pressi, ancora oggi c’à la Sinagoga visitabile.
La deportazione
Durante la Seconda Guerra Mondiale furono quasi 400 gli ebrei deportati da Torino. Tra di essi, ricordiamo Primo Levi lo scrittore, chimico e un partigiano torinese, autore del famoso libro “Se questo è un uomo”. Lui fu tra i pochi a sopravvivere all’orrore di Auschwitz, ma il peso di questa tragedia lo fece soccombere e si ritiene si sia tolto la vita nel 1987, gettandosi dalla tromba delle scale.
La commemorazione delle vittime
Le vittime del nazifascismo a Torino furono commemorate il 15 maggio 1955 con un monumento eretto nel cimitero ebraico di Torino, progettato da Guglielmo Olivetti. Sull’opera sono stati incisi i nomi dei 495 ebrei uccisi.
Oggi
Chi vuole ancora oggi visitare il Ghetto Ebraico di Torino lo può fare semplicemente passeggiando per le strade della città che lo hanno ospitato. Si avrà modo di fare un viaggio nel tempo, pur con la mestizia che la sua storia può evocare.
Immagine di copertina: la Sinagoga della Comunità Ebraica di Torino – Credit: Wikipedia