Curiosità
Torino capitale del Liberty: i capolavori da ammirare per le vie
A Torino ci sono diversi capolavori del Liberty, tutti ammirabili passeggiando per le vie della città. Ecco quali e dove trovarli
Anche nel capoluogo piemontese ci sono testimonianze dello stile Liberty che si possono scoprire e ammirare. La Città Metropolitana di Torino ce ne ricorda alcuni. Ecco quali e dove trovarli.
Le origini del Liberty
Il Liberty (o Stile floreale) prende il suo nome da Sir Arthur Liberty – spiega in una nota Città Metropolitana di Torino – Appartenente a una famiglia di commercianti di stoffe del Sud dell’Inghilterra, Sir Arthur nel 1875 aprì a Londra l’emporio Liberty & Co., che vendeva, tra le altre cose, tappeti, tende e vestiti. Il negozio diventò anche rivenditore di manufatti legati al movimento artistico Arts and Crafts, che considerava la natura come principale fonte di ispirazione e che aveva tra i motivi decorativi dominanti la stilizzazione di foglie e fiori. Le stoffe fiorate dell’emporio di Liberty ebbero enorme successo in tutto il continente: nel 1898 furono presenti all’Esposizione Generale Italiana e d’Arte Sacra di Torino. A poco a poco la natura in ogni sua forma divenne protagonista dell’arte nuova, e il trionfo del rinnovamento globale fu sancito nel 1902 all’Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa e Moderna, altro grande evento torinese. Il nuovo stile investì tutti i campi, compreso quello architettonico. Torino ne diventò uno dei centri propagatori: la città di inizio Novecento pullulava di nuovi monumenti ed edifici, sparsi in diversi quartieri, nei quali spiccava l’applicazione di materiali quali ghisa, ferro battuto, vetro, litocemento.
Le opere da ammirare a Torino
Casa Fenoglio-Lafleur
Fiore all’occhiello dell’Arte Nuova (com’era anche chiamato il Liberty, mutuando dal francese Art Nouveau) a Torino sono le architetture di Pietro Fenoglio. Soltanto nel primo decennio del Novecento ben 140 progetti cittadini portavano la sua firma. Oltre a Villa Scott, in corso Giovanni Lanza, famosa anche per essere una delle location del film di Dario Argento Profondo Rosso, e al Villaggio Leumann di Collegno, il capolavoro dell’architetto-ingegnere è ritenuto la casa Fenoglio-Lafleur di via Principi d’Acaja 11. Inizialmente progettata per sé e i suoi fratelli, Fenoglio la vendette nel 1904 all’imprenditore Giorgio Lafleur. Nel 1910 fu donata all’istituzione filantropica Casa Benefica per poi passare a privati. L’edificio è riconoscibile per le decorazioni incise, dipinte, realizzate a stucco e in litocemento; per i serramenti ad ali di farfalla e per il coronamento a petali, in ferro e vetro giallo, della torre angolare. Il profilo inconfondibile di questo palazzo, caratterizzato anche dalla presenza di un bovindo in cui si aprono finestre con vetri cattedrale colorati, contrassegna il tratto iniziale di corso Francia e costituisce una sorta di portale d’ingresso alle numerose dimostrazioni del Liberty presenti nella zona di Cit Turin.
Il portone del melograno
Il nome di Pietro Fenoglio è legato anche al “portone del melograno” di via Argentero 4, in zona San Salvario. È stato soprannominato così dai torinesi il portone d’ingresso alla casa del costruttore Pier Vincenzo Bellia, ultimata nel 1908. Sarebbe una normale casa da pigione se non fosse per i battenti dell’entrata completamente percorsi da foglie e rami carichi di melograni, la maggior parte inserita in una flessuosa cornice a coda di pavone. Per lunghi anni il portone, realizzato in ferro, è passato inosservato, finché un recente restauro l’ha ridipinto con colori squillanti, conferendogli un aspetto “pop” che difficilmente sfugge agli sguardi e che l’ha condotto agli onori della ribalta.
Oltre al portone del melograno, in città ve ne sono di altrettanto splendidi, come quello intagliato con stilizzazioni zoomorfe della casa Basso di via Cibrario 36, o quello della casa Rey di corso Galileo Ferraris 16, dai battenti lignei a motivi curvilinei e floreali firmati sempre dallo studio Fenoglio.
La Casa dei draghi
Nel quartiere di Cit Turin si trova il Palazzo della Vittoria, noto anche con il nome di Casa Carrera o Casa dei Draghi. Il magnifico edificio fu voluto dal cavaliere del lavoro Giovanbattista Carrera per celebrare la vittoria del primo conflitto mondiale (da qui il nome di Casa della Vittoria) e affidato all’ingegner Gottardo Gussoni che terminò i lavori nel 1922. Il palazzo è tra gli esempi più pregevoli del sapiente mix tra lo stile neogotico alla francese e lo stile Liberty. Lo splendido portone d’ingresso, l’atrio interno e le scale, la torretta merlata e le balaustre dei balconi del piano superiore sono di spiccato stile neogotico alla francese, mentre alcuni dettagli come le vetrate e la stessa linea sinuosa del palazzo riportano direttamente all’impronta Liberty.
Una curiosità: la Casa dei Draghi, è stata una delle location del film Profumo di donna diretto nel 1974 da Dino Risi, tratto dal romanzo del 1969 Il buio e il miele di Giovanni Arpino. Presentato in concorso al Festival di Cannes 1975, è valso a Vittorio Gassman il premio per la migliore interpretazione maschile. Ai premi Oscar 1976 ricevette due nomination, come miglior film straniero e migliore sceneggiatura non originale.
L’Istituto scolastico Avogadro
Non solo abitazioni. Il Liberty a Torino è rappresentato anche da altri edifici, come fabbriche e scuole. Tra queste ultime portiamo l’esempio dell’Amedeo Avogadro, da cui sono nati, come sezioni distaccate, quasi tutti gli Istituti tecnici industriali torinesi. A inizio Novecento la scuola si sposta nella sede, che occupa ancora oggi, di corso S. Maurizio 8, nell’area di proprietà municipale in cui un tempo sorgeva il mercato del vino. L’edificio, costruito per volere del Comune come Istituto Professionale Operaio (poi Regia Scuola Industriale dal 1918) è progettato da un architetto appartenente alla cerchia di Benazzo, ed è un significativo esempio del gusto Liberty tardo. Ancora oggi si ritrovano i motivi decorativi dell’epoca nella parte dell’edificio che si affaccia su via Rossini, come i fregi floreali disegnati dall’ingegner Camillo Dolza e le bifore che rievocano i tempi della Torino durante l’Esposizione universale. Dal 1917, alcuni giorni dopo la ritirata di Caporetto, al 1919, l’edificio di corso S. Maurizio dell’Istituto professionale operaio è requisito dalle autorità militari per essere utilizzato come ospedale militare.