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Arriva una nuova edizione di Cheese: ecco tutte le appetitose novità di quest’anno
Formaggi, salumi, pani naturali e la nuova Fucina Pizza Pane e Pasticceria. Inoltre, 50 progetti di tutela Slow Food provenienti da 10 Paesi
Appuntamento a Bra (Cn) dal 20 al 23 settembre 2019 con Cheese, la più importante manifestazione internazionale dedicata ai formaggi a latte crudo e ai latticini, organizzata da Città di Bra e Slow Food, con il sostegno della Regione Piemonte. Già disponibile on line il programma della manifestazione con la possibilità di acquistare tutti gli eventi su prenotazione su www.slowfood.it.
Edizione record nel 2017
L’edizione 2017 – che ha festeggiato i vent’anni dell’evento e ha segnato un record storico di pubblico, con 300 mila passaggi stimati e il 50% di presenze agli appuntamenti su prenotazione provenienti dall’estero – ha ricordato la battaglia di Slow Food sul latte crudo, restituendo il giusto valore a produzioni casearie d’eccellenza e una meritata dignità ai pastori e casari che le hanno realizzate. Quest’anno Cheese ha fatto un ulteriore passo avanti, puntando sul tema Naturale è possibile e accendendo i riflettori su tutta quella biodiversità invisibile fatta di batteri, enzimi e lieviti, silenziosamente sotto attacco dall’utilizzo sempre più diffuso di colture selezionate dall’industria.
Area dei produttori Fermier
Ecco quindi la nuova area dedicata ai produttori fermier, usando un concetto che non trova ancora un corrispettivo nella nostra lingua: piccole, a volte piccolissime aziende agricole che trasformano solo il latte dei propri animali, praticano prevalentemente il pascolo e producono formaggi senza fermenti selezionati o con fermenti autoprodotti. Inediti sono anche i due appuntamenti di formazione sulle tecniche di produzione dei formaggi naturali e dei fermenti autoprodotti rivolti agli espositori della manifestazione, sia italiani che internazionali, in programma nell’anteprima di giovedì 19 settembre.
Formaggi naturali
Cheese 2019 amplia la finestra sulle produzioni eccellenti di salumi senza nitriti e nitrati e di pani a lievitazione naturale, destinando loro una piccola fetta del mercato. Troviamo i caci naturali in degustazione nella Gran sala dei Formaggi, mentre l’Enoteca, tra le 600 etichette proposte, annovera anche una selezione delle migliori Triple A. Sui formaggi, salumi e pani naturali e sul loro contraltare industriale sono incentrate tre Conferenze in programma. Mentre a Slow Food è assegnato il ruolo educativo principale, sempre a partire dal piacere di conoscere attraverso il cibo, con il percorso per L’erba che vorrei, dedicato alle famiglie in visita e agli studenti delle scuole.
Fucina Pizza Pane e Pasticceria
Ma le novità non finiscono qui. Debutta a Cheese la Fucina Pizza Pane e Pasticceria, uno spazio didattico sulle connessioni tra lievitazioni e latticini, realizzato in collaborazione con Agugiaro&Figna Molini, con 12 appuntamenti principalmente al femminile in un ambito, quello dell’arte bianca, storicamente maschile. Passiamo poi al grande Mercato italiano e internazionale con oltre 300 espositori e alla Via degli affinatori che sempre di più riconoscono in Cheese l’evento in cui non solo incontrarsi e fare rete, ma anche affari. Tra l’altro, proprio dal dialogo con questa rete internazionale di affinatori, nella scorsa edizione è nata l’idea di creare un Master dedicato ai formaggi a latte crudo all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, che sarà presentato ufficialmente proprio a Cheese. Oltre alle altre regioni italiane che scelgono Cheese come palcoscenico per raccontare territori, comunità, tecniche e tradizioni casearie, importante è la partecipazione della Regione Piemonte, che nello spazio Terre Alte porta alla ribalta il tema delle aree collinari e montane, intese come una via possibile per una agricoltura viva e sostenibile che produce reddito e speranza, e per un turismo nuovo, degno di rispetto e desideroso di autentica conoscenza.
Come sempre a Cheese non mancano le Cucine di strada e i Food truck, la Piazza della Birra e i Chioschi regionali, la Piazza del Gelato e la Casa Libera del Burro… Insomma, tutto quello che è necessario per stare insieme all’insegna del cibo buono, pulito e giusto!
Oltre 2000 formaggi in tutto il mondo
Uno degli universi alimentari più variegati è quello dei formaggi: oltre 2000 in tutto il mondo prodotti dall’unione di soli tre ingredienti – latte, caglio e sale – in cui a fare la differenza sono le razze animali, il sapere del casaro, i pascoli e il territorio di cui ogni singolo cacio è espressione. È proprio per questo che uno dei pezzi forti di Cheese – a Bra (Cn) dal 20 al 23 settembre – sono da sempre i Presìdi Slow Food, espressione tangibile di quel concetto di biodiversità concretizzato in 30 anni di storia dell’associazione della Chiocciola e che oggi conta 576 progetti in tutto il mondo.
Tra le bancarelle della Via dei Presìdi troviamo oltre 50 progetti di tutela Slow Food provenienti da 10 Paesi: immancabili sono il Boeren Leyden tradizionale dall’Olanda e l’ormai famosissimo Cheddar artigianale del Somerset dal Regno Unito, il Puzzone di Moena e il Caciocavallo podolico del Gargano. Dal palcoscenico internazionale debuttano a questa dodicesima edizione di Cheese due nuovi Presìdi Slow Food: il camembert dalla Francia e il bryndza 1787 dalla Slovacchia, entrambi a latte crudo. Conosciamoli meglio attraverso il lavoro dei produttori e della rete locale Slow Food.
Hai mai provato il Camembert a latte crudo?
Da tre generazioni Patrick Mercier e la sua famiglia lavorano nella loro fattoria vicino al villaggio di Champsecret in Normandia. Suo nonno la costruì con pietre locali durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale e la famiglia ha assistito a tutti gli enormi cambiamenti nel contesto rurale che hanno avuto luogo da allora.
Con l’industrializzazione dell’agricoltura, la campagna normanna perse un gran numero di capi bovini da latte di razza normande. Sebbene la ricetta del camembert sia addirittura più antica della razza, si ipotizza che la normande sia stata selezionata proprio per l’idoneità del suo latte ricco di grassi alla produzione di camembert.
«Mentre ci industrializzavamo perdevamo progressivamente tutte queste bellissime vacche, e anche la ricetta del camembert tradizionale. A quel tempo ero solo un contadino ordinario e vendevo il mio latte a casari industriali». Patrick si rese presto conto che «lavoravo molto per gli acquirenti del mio latte e per le persone da cui compravo le mie forniture, ma molto poco per me stesso».
Nel 1995 l’azienda agricola Mercier ha avviato un processo di apertura e trasparenza nel proprio lavoro. Patrick ha venduto le sue mucche holstein, mantenendo solo il bestiame normande e contemporaneamente ha smesso di alimentare gli animali con l’insilato e ha iniziato a coltivare erba di alta qualità sui terreni aziendali. Da allora la fattoria è divenuta al 100% biologica, proprio come all’epoca di suo nonno.
Il Bryndza 1787 a latte crudo
Le tradizioni casearie della Slovacchia risalgono a centinaia, se non a migliaia, di anni fa. Il piatto nazionale, il bryndzové halušk, ricorda gli gnocchi in salsa di formaggio. Per farlo si usava il bryndza, tradizionalmente prodotto con latte ovino nella regione dei Carpazi. Il termine bryndza deriva dalla parola usata in romeno per dire formaggio. Furono i coloni di questa regione a introdurre la pratica della caseificazione con latte ovino intorno al XIII secolo. Fino a quel momento, le pecore erano allevate esclusivamente per la carne e gli unici animali da latte erano le vacche. Ma è stato il formaggio di latte ovino a conquistare il cuore e il palato delle persone del posto, diventando un pilastro della cucina nazionale.
«Tradizionalmente, il bryndza era prodotto con latte crudo di razze ovine locali che pascolavano in montagna. Ora che il sistema alimentare industriale ha imposto le sue leggi, anche il formaggio ovino non è esente. Ciò che la maggior parte delle persone consuma non è davvero bryndza, ma un’imitazione» afferma Ladislav Raček, coordinatore del Presidio Slow Food del Bryndza 1787. «Il bryndza è una vera bomba pro-biotica. Contiene fino a 1000 volte più microrganismi utili dello yogurt: ci sono circa un miliardo di microrganismi benefici da più di venti specie diverse in un grammo di bryndza. Ciò è dovuto al trattamento termico minimo che subisce, utile a preservare le qualità pro-biotiche del formaggio. Lo usiamo in una zuppa tradizionale chiamata demikát, una semplice zuppa di patate a cui viene aggiunto il bryndza a fine cottura. Poi c’è la šmirkaš, una crema di formaggio crudo che contiene anche cipolla tritata e peperoncino, servita con pane e vino».
L’erba che vorrei: la biodiversità raccontata con parole, giochi e immagini
Tra una bancarella e una degustazione, giocate con noi nel percorso l’Erba che vorrei dedicato a tutti i visitatori, grandi e piccini, di Cheese 2019. Ecco qualche spunto per saperne di più sulla biodiversità di razze animali e formaggi, non vi resta che mettervi alla prova!
Le razze animali
Tutela della biodiversità che Slow Food mette in pratica attraverso i progetti associativi passa spesso per la salvaguardia delle razze animali che rischiano di estinguersi: 40 sono al centro di un Presidio Slow Food in oltre 50 Paesi con il coinvolgimento di migliaia di pastori e oltre 200 sono catalogate nell’Arca del Gusto. Le razze locali sono più resistenti al caldo, al freddo e alle malattie. Sono frugali e si nutrono su pascoli poveri di alta quota ma non sopportano l’allevamento industriale: devono vivere all’aperto.
Non tutti i formaggi sono uguali: c’è bovina e bovina…
Le razze bovine censite dalla Fao sono 1400 ma soltanto 285 sono in buona salute, mentre 174 sono estinte e 498 sono a rischio. Nonostante questa bella varietà, la maggior parte del latte che acquistiamo deriva da un’unica razza, la frisona, selezionata per produrre fino a 60 litri di latte al giorno e vivere solo 5-6 anni, dopodiché la sua produttività cala e quindi è più conveniente macellarla. Le razze tradizionali, invece producono in media 10-15 litri di latte al giorno ma vivono 15-20 anni. La tendenza purtroppo nel mondo dell’allevamento è quella della concentrazione: diminuisce il numero delle aziende ma cresce la media dei capi allevati e la produzione totale di latte. Aumenta soprattutto il numero delle aziende molto grandi, con più di 500 capi, con pesanti conseguenze anche a livello ambientale: pensate che un’azienda con 2500 vacche da latte inquina quanto i rifiuti di una città di oltre 400 mila abitanti!
…ma anche latte e latte
Ma non esiste un solo latte: 85% vacca, 11% bufala, 2% capra, 0,1% pecora 0,4% cammella e oltre 2000 tipologie di formaggio combinando latte, caglio e sale. Slow Food ha catalogato oltre 500 formaggi nell’Arca del Gusto mentre 102 sono i Presìdi che riuniscono migliaia di pastori e casari in oltre 50 Paesi.