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Torino, addio alla pizza napoletana: Sorbillo non apre più. Addio anche ad altri negozi
Il famoso pizzaiolo napoletano Gino Sorbillo dà forfait e non apre più a Torino. Stessa cosa per Spontini e il restyling di 8 Gallery. Ecco cosa accade e accadrà a Torino da ora in poi
Che fine farà l’economia torinese, e più in grande l’economia italiana? Al momento è difficile dirlo, ma le tinte del futuro sono piuttosto fosche. Lo sono per tutti, e in particolare per i giovani, che non sanno cosa verrà lasciato loro in eredità. I settori del lavoro e della produttività sono tanti, così come diventerebbe interminabile un’analisi di tutti. Ma, parlando per il momento di commercio, ci sono alcune (tristi) novità.
Addio alla pizza napoletana
Ricordate? Lo avevamo annunciato qualche tempo fa (vedi qui l’articolo), a Torino in primavera sarebbe arrivato Gino Sorbillo, famoso pizzaiolo Doc napoletano, con l’inaugurazione del suo primo locale nella città sabauda (dopo aver aperto in altre città italiane e del mondo), in via Bruno Buozzi. Solo che l’epidemia di Coronavirus Covid-19 ha cambiato le carte in tavola, per tutti. E così, lo stesso Sorbillo spiega che avrebbe voluto aprire a Torino in primavera, ma ormai non esistono più le condizioni, soprattutto per pensare a nuovi investimenti. Almeno a breve termine, visto che non si sa come andranno le cose da qui agli anni a venire.
Se ne va anche la pizza dei milanesi
Sempre a Torino, ma questa volta a giugno era prevista anche l’inaugurazione della pizzeria Spontini (la pizza die milanesi). Ma non se ne va del tutto, almeno non per ora. Difatti, se tutto andrà bene come si spera, si tratta soltanto di uno slittamento di date, e il locale potrebbe essere inaugurato in autunno. Anche in questo caso, si vedrà.
Anche l’annunciato restyling di 8 Gallery al Lingotto salta, almeno per ora. Si vedrà più avanti.
E gli altri negozi, che fine faranno?
Ma Torino non è fatta di soli locali devono, o avrebbero dovuto aprire. Ci sono infatti i negozi erano già in attività prima che scoppiasse la bomba Coronavirus. Questi, che fine faranno invece? Le prospettive, anche in questo caso, non sono proprio rosee. Anzi. Secondo Confimprese, che ha condotto un’indagine a tema, ben un negozio su quattro non tirerà più su la saracinesca – in sostanza non riaprirà più. Il dato è basato sulla presenza associativa, ma rispecchia assai bene come il commercio sia al collasso – a parte alcune eccezioni che riguardano il settore alimentare e quello farmaceutico e parafarmaceutico, e tutti coloro che sono stati in grado di reinventarsi. Per tutti gli altri, sempre secondo Confimprese, si parla di una perdita di incassi che va dai 100mila euro ai 4 milioni di euro.
Il problema dell’assembramento
Uno dei problemi causati del Coronavirus e dalle più che legittime misure di contenimento è l’aver smembrato l’aggregazione delle persone: il cosiddetto divieto di assembramento. E proprio questo, che non si sa sino a quando durerà, ha inciso pesantemente su settori come la ristorazione, ma anche sui centri commerciali (supermercati con alimentari a parte). Forse, in tutto questo, potrebbero avvantaggiarsi i “vecchi” negozi di quartiere – proprio quelli che erano stati affossati dalla GDO e dai centri commerciali. Sarà così? Ci sarà per così dire un ritorno al passato? Se il cambiamento virerà verso il meglio, perché no? D’altronde, la società così com’era organizzata sino a poco più di un mese fa ha mostrato tutti i suoi limiti in modo “violento” ma reale. Così com’era non poteva funzionare, e forse non lo potrà più fare in futuro. Se l’umanità vorrà sopravvivere dovrà ripensare a costruire una società basata sulla collaborazione, e non sulla mors tua, vita mea dove ognuno pensava per se stesso, creando così ingiustizie e disparità di condizioni di vita. Raccoglieremo la sfida?