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Il senso di giustizia di nonna Stefania: famiglie dimenticate dall’emergenza sanitaria

Giunge in redazione una lettera “aperta” e indirizzata a chi comanda, da parte di una signora di 62 anni di Torino. Una lettera che fa pensare o dovrebbe far riflettere chi decide per noi. Siete d’accordo?

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Lettera di una nonna al Governo

Di seguito, il testo di una lettera “aperta” arrivata alla redazione di Torino Fan, è firmata da una signora torinese, che tuttavia parla a nome di tutti (o comunque di molti). Quanto dice dovrebbe far meditare o riflettere, specie chi comanda e decide delle nostre vite e di come dobbiamo viverle – spesso però senza dare spiegazioni o le possibilità.

La lettera della nonna Stefania

«Buongiorno, sono Stefania, ho 62 anni, 2 figli e un nipote, donna semplice con una vita semplice. Inizialmente avete avuto riguardo nei nostri confronti: eravamo vecchi, una categoria da proteggere. Ora siamo ringiovaniti, pronti per tornare al lavoro.
Proposta: perché non permetterci di andare in pensione e assumere i giovani, senza che nessuno ci rimetta?»

Errori e buoni pasto

«Personalmente non critico gli errori, penso che chiunque ne avrebbe fatti di fronte al Covid, questo sconosciuto. Io sono stata lenta a richiedere i buoni spesa e il Comune di Torino mi ha risposto in modo assolutamente cortese che li avevano finiti».

Famiglie e lavoratori distrutti

«Mio figlio, cassaintegrato, ha ricevuto lo stipendio dopo 2 mesi, ma conosco realtà molto più drammatiche. Imprenditori con molte aziende e numerosi dipendenti. Baristi, camerieri, signore delle pulizie in nero lasciate a casa con un messaggio. Liberi professionisti in ginocchio e telefonate commoventi ascoltate dal balcone di casa, tra cui alcune parlavano anche di suicidio o suicidio familiare».

Gli eroi…

«Durante questo lungo periodo di emergenza sanitaria ci avete chiesto sacrifici, ci avete elogiati, rimproverati e ringraziati; avete chiamato eroi medici e infermieri e per ringraziarli avete dato loro una cifra chiaramente simbolica perché di più evidentemente non era possibile».

Molti i dimenticati

«Tante altre persone però sono state dimenticate. Insomma, ci avete parlato, stordito di numeri e percentuali; dall’altra parte dello schermo siamo stati spettatori delle vostre conferenze, dei vostri decreti, decretini, obblighi, mascherine, guanti (rincarati prima e introvabili dopo) e poi, da bravi cittadini, ci siamo messi in coda per tutto».

Italiani nel caos

«Ora più che mai essere italiani significa trovarsi nel caos, a chiedere rateizzazioni e posticipi di mutui e bollette a banche spesso impreparate e ostili. Molte persone, ma ancor prima vostri cittadini, non sapevano e non sanno cosa mettere in tavola, ma per un senso di vergogna nell’andare a chiedere aiuto mettendosi in coda, perché si può essere riconosciuti da qualche amico, conoscente o vicino di casa, si sono privati persino del minimo indispensabile. Spesso le difficoltà economiche sono accompagnate anche da una grande dignità».

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Le donne “incazzate”

«In un articolo ho letto che le donne sono incazzate. Non so se questo sia il termine corretto, ma certamente se venissero aiutate non dovrebbero sacrificare la cura dei figli a vantaggio del lavoro, almeno nel caso in cui la vocazione materna prevalga sull’esistenza di fare carriera».

Non siete “noi”

«Parlate a noi italiani come a un popolo lontano, scendete in piazza vicino a noi, ma decisamente non siete noi. Avete mai pensato di creare un fondo per sostenere l’Italia rinunciando magari a due mesi dei vostri stipendi e percepirne in seguito solo un terzo finché la situazione non si normalizza, nonché tagliando i numerosi vitalizi? Così potreste dimostrarci la vostra reale appartenenza alla stessa nazione e allo stesso periodo critico per molti dei vostri cittadini».

Il senso di giustizia

«Sarà per un mio senso di giustizia, o perché trovandomi a subire in prima persona un ingiustizia dal 2006 sono particolarmente sensibile a certe tematiche o a situazioni precarie con tutto quello che ne consegue. Rivolgo a tutti, nessuno escluso, questo mio appello: aiutiamoci, non alziamo i prezzi, non andiamo a trovare il modo di ingannare il prossimo. Essere onesti non è mai fuori moda. Potevamo accettare di essere un numero, ma una marionetta proprio no.
Ste e molti altri».
E voi, cosa ne pensate? Siete d’accordo con quanto espresso da Stefania? Dite anche voi la vostra. Scrivete in redazione a contributor@torinofan.it o inviate un messaggio al numero WhatsApp 351.2147114.

Tu cosa ne pensi?

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