Salute
Scoperta a Torino una nuova proteina che causa allergie alimentari, specie nei bambini
I ricercatori dell’ospedale Infantile Regina Margherita di Torino hanno scoperto una nuova proteina che causa l’allergia alla nocciola, che può essere molto pericolosa soprattutto nei bambini
È stata scoperta una nuova proteina che causa l’allergia alla nocciola, soprattutto nei bambini. La notizia arriva dai risultati dello studio condotto dalla dottoressa Giovanna Monti del Servizio di Allergologia pediatrica della Pediatria (diretta dal dottor Marco Spada), afferente al Dipartimento di Patologia e Cura del Bambino dell’ospedale Infantile Regina Margherita della Città della Salute di Torino (diretto dalla professoressa Franca Fagioli), in collaborazione con i ricercatori dell’Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari del CNR di Torino, coordinati dalla dottoressa Laura Cavallarin e condotti dalla dottoressa Maria Gabriella Giuffrida.
Nello studio i ricercatori hanno isolato una nuova proteina allergenica di nocciola dalla frazione oleosa del frutto, detta per questo oleosina, e hanno dimostrato che per alcuni bambini questo era l’unico allergene di nocciola responsabile dei sintomi allergici. Il nuovo allergene è stato depositato nell’apposita banca degli allergeni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO/IUIS Allergen Nomenclature Subcommittee).
Una scoperta importante per le diagnosi
La scoperta della nuova oleosina allergenica è importante perché potrà aiutare a diagnosticare con maggiore facilità l’allergia alla nocciola, molto diffusa in Italia e in particolare in Piemonte, nei pazienti che risultino negativi ai test allergologici attualmente disponibili, che non consentono di identificare allergie alle oleosine.
Lo studio, condotto con il sostegno della Fondazione CRT di Torino su una popolazione di 37 bambini (dai 2 ai 17 anni) allergici alla nocciola, è stato appena pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Pediatric Allergy and Immunology, giornale ufficiale dell’Accademia Europea di Allergia e Immunologia Clinica.
Lo studio che ha condotto alla scoperta è stato di carattere altamente interdisciplinare, perché l’isolamento della proteina allergenica è stato possibile anche grazie all’analisi del genoma del nocciolo, condotta dai genetisti e dai biotecnologi vegetali del Dipartimento di Scienze Agrarie Forestali ed Alimentari dell’Università di Torino e dell’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del CNR.
Italia, secondo produttore mondiale di nocciole
In Italia, che ne è il secondo produttore mondiale dopo la Turchia, la nocciola è il frutto a guscio più frequentemente utilizzato nelle creme spalmabili di cioccolato, nelle merendine, nei dolciumi o nei gelati, nelle torte, nei biscotti, nei cereali per colazione, oltre a essere spesso consumata come tale. Il valore nutrizionale elevato di questo frutto a guscio e il suo gusto particolarmente attraente giustificano la sua presenza nelle abitudini dietetiche dei bambini, specie dopo i primi anni di vita.
Secondo quanto riportato dallo studio EuroPrevall, condotto allo scopo di valutare prevalenza, costi e caratteristiche dell’allergia alimentare in tutta Europa, compresa l’Italia, la nocciola è il frutto a guscio e in generale l’alimento più frequentemente causa di reazioni allergiche nella popolazione studiata (circa 890mila persone sul totale di 446 milioni di abitanti dell’Europa, dei quali circa 20mila bambini e adolescenti solo in Italia e 1200 in Piemonte).
Pericolose reazioni allergiche
Le reazioni allergiche alla nocciola possono essere di diversa entità, da lievi (sindrome allergica orale, caratterizzata da prurito o bruciore orale alla sua ingestione) a più severe ed è proprio nel bambino che esse possono essere potenzialmente pericolose per la vita: secondo quanto riportato dal Registro Europeo dell’anafilassi, che raccoglie i dati di bambini e adolescenti di 10 Paesi europei, inclusa l’Italia, la nocciola è il secondo alimento (dopo l’arachide) causa di reazioni allergiche severe nei bambini in età scolare (6-12 anni) e il terzo nei bambini in età prescolare (2-6 anni).