Fase due. La follia avanza, c’è modo di fermarla? Qualcuno ci prova

Ieri l’ho pensato io dopo aver parlato con  il proprietario di un bar che conosco e, oggi,  il Corriere riporta una lettera in dieci punti inviato alla Sindaca e al Governatore da alcuni gestori di bar e ristoranti torinesi. Tale lettera conforta, ahimè, il mio pensiero. Il 18 maggio queste categorie potranno rialzare le saracinesche, ma come?

Tutti in gabbia?

Bisognerà avere  tavoli distanziati e una sola persona per tavolino, barriere in plexiglass, guanti e mascherine per tutti; si entrerà a turni e ci sarà un bodyguard che controllerà che la distanza di un metro sia rispettata.
Molti di questi locali si stanno attrezzando, hanno già ordinato le gabbie in policarbonato ovviamente certi che non funzionerà e che tutto questo “porterà migliaia di fallimenti e alla riduzione di personale, almeno il 50% del totale”. Lo afferma Fulvio Griffa proprietario del Caffè Elena e presidente di Fiepet Confesercenti Torino. 

10mila posti di lavoro a rischio

In bilico ci sono 10 mila posti di lavoro, la metà degli occupati torinesi di bar e ristoranti. Nella lettera inviata a Sindaca e Governatore si chiede un piano Marshall che preveda l’esenzione dei contributi per i dipendenti, gli importi delle rate dimezzati, la cassa integrazione estesa fino al 31 dicembre 2020,  le tasse locali annullate fino a giugno,  il credito fino al 50% dei ricavi e l’ istituzione di buoni per la Rinascita con un tasso maggiore di quelli dei  Btp.  In caso contrario, non conviene proprio aprire.

Andare al bar è una necessità?

Prendere un caffè al bar o cenare in un ristorante non sono vere necessità ma rappresentano delle pause piacevoli che ogni tanto tutti si concedono.
Infilati in una gabbia di policarbonato e in coda con un bodygard che ti osserva mentre bevi il caffè non sarà più un piacere e, allora, ce lo berremo a casa, il caffè, almeno non ci sarà il Grande Fratello ( per ora).

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