Salute
Epatite e HIV contratte dopo una donazione di sangue: lo scandalo degli anni ’70 al TAR di Torino
Il Ministero ancora non ha erogato molti dei risarcimenti sanciti in sede di tribunale e dunque è il TAR – col giusto dispendio di soldi pubblici- a sollecitarlo
Erano gli anni ’70-’80 e la legge in materia di donazioni di sangue era indietro quanto la medicina per diagnosticare tutta una serie di malattie che sono tranquillamente state passate da donatore a ricevente, compromettendo definitivamente la salute di tanti che si sono trovati di punto in bianco ad avere HIV, epatite, cirrosi e quant’altro.
Per i coinvolti si è aperta una battaglia legale, che secondo il Tribunale di Torino, è ancora lontana dal concludersi e non perché non ci sia una sentenza che ha previsto vitalizi e risarcimenti, ma perché, spesso, i risarcimenti non sono mai stati pagati dal diretto interessato: il Ministero della Salute.
Sono passati trent’anni ormai, se non quaranta e molte delle cause aperte vengono perorate da parenti di persone ormai decedute per le malattie contratte con la trasfusione. Sono state battaglie legali complicate, anche perché è difficile arrivare a dimostrare la colpevolezza delle strutture sanitarie in una donazione di sangue, a volte anche dopo anni: spesso infatti i sintomi si mostravano dapprima in forma lieve, sottovalutata, per poi scoppiare in gravi malattie anni dopo e a quel punto ricostruire le cause anche davanti alla legge non è stato per nulla semplice. Ci sono cause di varia gravità e si passa da risarcimenti di qualche migliaia di euro a risarcimenti di diverse centinaia di migliaia.
Nelle ultime settimane lo studio Ambrosio e Commodo ha chiuso una trentina di queste cause davanti al TAR – ne ha seguite circa 400 di questo genere negli ultimi 10 anni – ma se ne sono aperte altre quindici per cui hanno ripresentato ricorso proprio in questi giorni.
E ogni volta non si esimono dal far notare che riaprire una causa su una sentenza già data, perché il Ministero non ha pagato il dovuto alle vittime, è una perdita anche per la Corte dei Conti tra spese legali, ore di lavoro dei giudici, dell’avvocatura dello Stato e la nomina di un commissario ad acta per ogni pratica che interviene per erogare il risarcimento.Eppure questo pare non aver intaccato minimamente la linea generale del Ministero, per cui l’iter si ripete sempre uguale a se stesso.
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